Pettirosso, ti osservo nella tua voliera.
Non vuoi volare fuori, ma continui a scrutare oltre la gabbia che ti sei costruito.
Ti vengo a trovare e mi racconti della tua solitudine, del paesaggio che vedi fuori, che in realtà già conosci, perché tu sei nato libero.
Hai paura di quel mondo e, anche se lo sportello è aperto, non ne varchi mai la soglia.
Ti giri dall'altro lato e fai finta di niente,
hai tanto da fare, abbellisci la tua dimora, conti e riconti i tuoi semini...
Già, i tuoi semini... chissà che non siano una scusa per non guardare fuori, o per non guardare dentro.
Una parte della tua gabbia l'hai costruita proprio con quelli.
E nel frattempo mi dici come sarebbe bello vedere le tue ali dispiegate e osservare il cielo dall'alto.
Pettirosso, hai paura, hai ragione, il mondo fuori non è per tutti.
Però io, Canarino come sono, non sono sempre stato libero, sono nato in cattività,
un giorno mi hanno cacciato dalla mia voliera, o forse ne uscii da solo, non l'ho ancora capito.
Ora sto imparando come sopravvivere.
Sto cercando da solo il mio cibo, il mio nido, i miei simili, e imparo a evitare i pericoli.
Davanti a me solo incognite e nessun compagno di viaggio.
Pettirosso, io ormai ho spiccato il volo e tornare a trovarti sarebbe pericoloso,
potrei rimanere bloccata nella voliera, e là non hai niente per me.
Devo pensare a trovare il mio cibo, e a rifare un mio nido.
Non posso fare altrimenti, devo pur sopravvivere
e prima che arrivi la primavera sarò già volato via.
Pettirosso, io ho scelto di restare fuori,
se non vuoi venire con me, se non vuoi uscire dalla tua voliera,
chiudi lo sportello, forse sarai più al sicuro.