LA TERRA E IL CIELO, LA SCIENZA E L'ANIMA. PENSIERI DI UNA VISIONARIA DELL'INFINITO.

martedì 23 febbraio 2010

Un acceleratore di particelle contro i tumori

Lunedì scorso a Pavia è stato inaugurato il CNAO, (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica), un acceleratore di particelle ad uso medico. Michele, un amico astrofilo ingegnere nucleare radioprotezionista, da quasi 7 anni collabora, attraverso il Politecnico di Milano, alla costruzione e messa in servizio di questo strumento.
"Lunedì c'è stata l'inaugurazione con i politici, (c'erano Bossi, Tremonti, Fazio e Formigoni), che dovrebbe teoricamente dare il calcio d'inizio alle attività cliniche. In realtà, come spesso capita in queste occasioni, siamo ancora abbastanza lontani dall'aver veramente finito. Siamo in fase avanzata della messa in servizio dell'acceleratore, e contiamo di avere i primi pazienti verso fine anno. Il CNAO è un sincrotrone, (per capirci, la versione in piccolo dell'acceleratore del CERN), che accelera protoni e ioni carbonio, ad un'energia (rispettivamente 250 MeV e 4,8 GeV, per chi ha dimestichezza con queste unità di misura), necessaria a far sì che queste particelle, quando vengono mandate su una persona, entrino nei tessuti fino ad una profondità di circa 40 cm. Ovviamente diminuendo l'energia delle particelle diminuisce anche la profondità a cui arrivano, e le particelle finiscono nel corpo di una persona esattamente dove si decide di mandarle (con una precisione nell'ordine del mezzo mm). Lo scopo di costruire un acceleratore di questo tipo è che con questo tipo di particelle si possono curare con grande efficacia alcuni tipi di tumori localizzati (per capirci, quelli senza metastasi, o solo con metastasi nei linfonodi locali), che rispondono male alle radioterapie convenzionali o che sono vicini a tessuti molto delicati. Per esempio, si curano molto bene alcuni tipi di tumori alla base del cranio, o nei seni mascellari, che spesso non possono essere trattati chirurgicamente e che non possono essere trattati facilmente con la radioterapia convenzionale perchè vicini ad organi delicati (che possono risentire troppo delle radiazioni) o perchè fatti da cellule molto resistenti alle radiazioni. Con gli ioni carbonio, per esempio, sono molto efficaci nel trattare tumori che non rispondono alla radioterapia convenzionale. In Giappone hanno già due impianti di questo tipo, che stanno avendo risultati che appaiono quasi miracolosi (i medici del centro ne parlano informalmente come di guarigioni "tipo Lourdes"), nel senso che tumori in zone rognosissime che non possono essere curati con altri metodi sono spariti e a distanza di parecchi anni non si sono fatti più rivedere. E' una tecnica molto utile solo per certe tipologie di tumore, ma per quelle tipologie è molto efficace. Per fare questo serve un impianto che costa parecchio (più di 100 milioni di euro), e che è parecchio complesso. Per capirci, al momento il CNAO è l'acceleratore di particelle di energia più elevata in Italia. Io sono entrato nel progetto occupandomi di radioprotezione, nel senso che ho fatto il progetto delle schermature dell'acceleratore (che per sua natura emette radiazioni molto energetiche), e sto lavorando ai rivelatori che servono a misurare le radiazioni fuori dalle schermature dell'acceleratore, per garantire la sicurezza delle persone che ci lavorano. Anche questo non è un lavoro particolarmente semplice, perché fuori dalle schermature (che sono molto imponenti: in certi punti abbiamo dovuto mettere muri spessi fino a 6 metri) escono neutroni di alta energia, difficili da fermare e non semplici da rivelare. In pratica, non si possono usare né i rivelatori che si usano di solito in medicina (spesso si usano raggi X e gamma, molto più facili da misurare) né i rivelatori di neutroni che si usano per le centrali nucleari (che hanno neutroni di energia molto più bassa). Il campo di radiazioni con cui si ha a che fare è molto simile a quello che è presente sugli aerei (dovuto ai raggi cosmici), o a bordo della stazione spaziale."

lunedì 15 febbraio 2010

Nebulosa del Cuore

Sulla scia di S.Valentino, una poesia da un caro amico.

IC 1805: The Heart Nebula (Credit NASA)

E. Browning Barrett

If thou must love me / Se devi amarmi

Da "Sonetti dal portoghese", XIV (1847)

If thou must love me, let it be for nought
Except for love's sake only. Do not say
I love her for her smile--her look--her way
Of speaking gently,--for a trick of thought
That falls in well with mine, and certes brought
A sense of ease on such a day--
For these things in themselves, Beloved, may
Be changed, or change for thee,--and love, so wrought,
May be unwrought so. Neither love me for
Thine own dear pity's wiping my cheek dry,--
A creature might forget to weep, who bore
Thy comfort long, and lose thy love thereby!
But love me for love's sake, that evermore
Thou may'st love on, through love's eternity.

Se devi amarmi per null'altro sia
Che per amore. Mai non dire
"L'amo per il suo sorriso – il suo sguardo - il suo modo
Gentile di parlare - per il suo modo di pensare
Che si accorda a mio e che un giorno
Mi resero sereno". Mio amato, queste cose,
Possono in sè mutare o mutare per te. – E così fatto
Un amore può sfarsi. E ancora non amarmi
Per la pietà che le mie guance asciuga., -
Può scordare il pianto chi ebbe
Il tuo conforto a lungo, e può perdere il tuo amore!
Amami solo per amore dell'amore,
che cresca in te, in un eternità d'amore.

domenica 7 febbraio 2010

L'amore per l'insegnamento e il piacere della divulgazione

Durante questi ultimi anni mi sono tenuta in contatto con il mio professore di scienze del liceo. Lui è uno di quesi professori che io amo definire da "Attimo Fuggente", ovvero uno di quei pochi che riescono a trasmetterti l'amore per la materia che insegnano, come il prof. Keating nel film.
Questo avviene nell'insegnamento, "di tutti i giorni", quando lo studente viene stimolato con spunti di riflessione e approfondimento delle tematiche affrontate, e non della mera richiesta delle nozioni acquisite durante le interrogazioni, come usano fare purtroppo molti docenti, forse sia per la loro scarsa preparazione che per la poca passione che dedicano al proprio lavoro.
I "professori Keating" cercano di stimolare le giovani menti anche con le attività extracurriculari di cui si fanno proponitori, e quindi di cui si fanno anche carico, perchè sappiamo tutti che gli stipendi dei docenti statali non sono adeguati alla loro mole di lavoro, e soprattuto che il sistema manca di meritocrazia.

Mi ricordo del prof. Busolin, chiamato affettuosamente "Buso" dai suoi studenti, che ci spronava a fare delle ricerche di biologia, da portare come argomento suppletivo durante le interrogazioni. Così, negli anni in cui internet non era ancora diffuso, cominciai a comprare la rivista "Scienza & Vita", per avere materiale su cui lavorare.

Sopra il prof. Busolin e io, qui in una caricatura fatta da uno dei suoi studenti

Come attività extracurriculari mi ricordo di ricerche sul riciclaggio, tematica molto all'avanguardia in quegli anni, in particolare un'intervista fatta all'assessore all'ambiente del mio Comune e a un dipendente dell'Eni. Il lavoro della mia classe finì in un'emittente locale, e alcuni ragazzi andarono addirittura nello studio televisivo. Poi mi ricordo di una ricerca sul fiume Lambro, i cui "segni" sono presenti ancora oggi in rete.
Oggi invece mi ritrovo dalla parte opposta, nell'aiutare il mio affezionato prof. nel suo intento di svegliare i ragazzi dall'intorpidimento culturale nel quale sono immersi oggi, nell'epoca dei reality e della Playstation, e dove, per fare una ricerca basta un click su internet.
Per la seconda volta, la prima fu due anni fa, sono tornata nel mio vecchio liceo come oratrice esterna, e ho presentato ai ragazzi di tre classi una conferenza sui satelliti, partendo dall'inquadramento storico della Guerra Fredda, e dei missili V-2, fino alla Stazione Spaziale Internazionale, e spiegando le varie fasi della vita di un satellite artificiale, dalla progettazione, ai test, al lancio, al monitoraggio della missione e alla morte.

Gli studenti mi sono sembrati particolarmente interessati anche a vedere quante applicazioni ci sono per i satelliti, e delle tecnologie utilizzate, ovviamente quelli più stimolanti per il programma di quinta di scienze, e che si potranno prestare per loro ulteriori approfondimenti sono quelli per telerilevamento terrestre e quelli per lo studio dell'universo.


lunedì 1 febbraio 2010

La mia amica "messaggera di Urania"

Giovedì scorso è terminato al Planetario di Milano l'interessante ciclo di conferenze "Messaggere di Urania" dedicato al ruolo donna nell'astronomia (uno dei temi di IYA2009) nel passato e presente.

Logo ufficiale di "IYA2009 she is an astronomer"

Proprio nell'ultimo incontro dedicato allo sviluppo delle tecnologie per l'astronomia, ho ritrovato tra le relatrici una mia amica ingegnere aerospaziale che ora sta affrontando il dottorato in astrofisica all'osservatorio di Brera-Merate, nonchè gemella di Antonella, una mia ex compagna di università, "cervello in fuga" al quale avevo dedicato un post. Ecco l'esperienza di Laura, per adesso non ancora in fuga...

Ho 29 anni (quasi trenta ma fatemi godere questi ultimi giorni da vent..enne!) Dopo il liceo scientifico non conoscendo nulla del mondo delle università e capendoci ben poco sul loro funzionamento dai racconti di amici più grandi, ho deciso di iscrivermi ad ingegneria aerospaziale: ingegneria perchè mi appassionavano le materie tecniche e scientifiche, aerospaziale perchè... era la prima della lista! L'idea era quella di fare il primo anno per capirci di più sul mondo delle università e poi eventualmente cambiare se quella non era l'università adatta a me. In realtà il primo anno è passato alla grande; il secondo ancora meglio del primo; il terzo ho avuto qualche difficoltà perchè sono passata dalla sede di Lecco a quella di Milano dove non conoscevo nessuno e la città non mi entusiasmava più di tanto (preferisco ancora i piccoli paesi, come Bellano, dove sono nata e vivevo fino a poco tempo fa). Poi il quarto e il quinto anno sono stati quelli che hanno consolidato in me la passione per i satelliti e il mondo spaziale in generale. E quando mi sono laureata con una tesi sulla fattibilità di realizzare satelliti funzionali dalle dimensioni di pochi cm (i cosidetti nanosatelliti) ho cercato in tutti i modi di restare nel mondo dello Spazio.

Laura in una foto all'osservatorio

Perchè hai deciso di fare il dottorato?

La decisione di fare il dottorato è maturata per la curiosità che mi caratterizza da sempre: quale cosa migliore che fare ricerca e scoprire cose sempre nuove? Studiare quello che è stato scoperto e inventato nel passato e capire ciò che ancora non conosciamo del presente per scoprire nuove tecnologie per il fututo? Insomma direi che il dottorato era il posto migliore per me. E sono fortunata perchè sono riuscita a conciliare la mia passione per la tecnologia e per la scienza, Pur essendo laureata in ingegnaria aerospaziale, sto seguendo il dottorato di ricerca in astronomia e astrofisica in un gruppo tecnologico che si occupa di sviluppare nuovi strumenti per fare astronomia. E' bellissimo perchè realizzo con mano strumenti molto sofisticati, al limite della tecnologia attuale, sapendo perchè la comunità scientifica necessita di tali strumenti e quali sono le domande a cui può rispondere utilizzandoli.

Di cosa ti occupi?

Mi occupo dello studio di nuove tecnologie per la realizzazione di specchi per la banda x dello spettro elettromagnetico. Specchi che verranno montati su satelliti e mandati in orbita per essere i futuri osservatori x. Svolgo questo lavoro presso l'osservatorio astronomico di Brera, nella sede di Merate (faccio un pò di pubblicità, venite a trovarci! organizziamo visite serali per l'osservazione coi nostri telescopi oppure visite diurne per visitare il luogo. informazioni su www.brera.inaf.it). L'università degli studi dell'Insubria di Varesa-Como ha una buona collaborazione con l'osservatorio per questo molti dottorandi svolgono il loro dottorato nelle sedi dell'INAF-OAB (Istituto Nazionale di Astrofisica - Osservatorio Astronomico di Brera).

Laura in clean room (a destra) con un collega


Che tipo di strumentazione utilizzi?

Per realizzare questi specchi stiamo studiando la tecnologia dello slumping a caldo: una formatura a caldo del vetro per dargli la forma necessaria a riflettere i raggi x. Praticamente si mette un pezzo di vetro in forno sopra uno stampo che ha il negativo della forma desiderata e si scalda. Ad alte temperature il vetro diventa più morbido e si adagia sullo stampo. Ora l'ho fatta abbastanza semplice ma ci sono tutta una serie di implicazioni tecnologiche che rendono la cosa... non direi difficile, comunque non immediata. Come strumenti utilizzo... dei forni! Poi ovviamente lo specchio che andiamo a realizzare deve avere una forma precisa, e lavorando con i raggi x questo "precisa" significa che la forma deve essere accurata a livello di micron (un millesimo di millimetro) o meno. Anche la rugosità della superficie dello specchio deve essere buona e lavorando con i raggi x questo "buona" vuol dire "mooooooooolto buona": la superficie deve avere una rugosità di pochi Angstrom, parolaccia per dire un decimo di nanometro cioè un decimiliardesimo di metro... insomma pochissimo! E per misurare ciò abbiamo nei laboratori tutta una serie di strumenti di misura che ci permettono di andare a vedere come è fatta la superficie alle varie frequenze spaziali.

Questa sono io mentre cerco di misurare la rugosità di un pezzo da 10.000 euro... credo di aver perso 2 kg quel giorno (provate voi ad andare a meno di un millimetro vicino alla superficie di un pezzo da 10.000 euro sapendo che se lo sfiorate lo rovinate!)

Nell’organizzazione del tuo lavoro di ricerca c’è qualche aspetto che non ti piace e che vorresti cambiare? E quali sono gli aspetti che ti piacciono?

mmm....se dovessi elencare tutti gli aspetti negativi non finirei più! Scherzo! L'unico aspetto che mi piacerebbe migliorare (ci sto lavorando in effetti) è il fatto che spesso facciamo fatica ad organizzarci nel team: mi spiego meglio. Purtroppo come ricercatori (nel senso più generale del termine) siamo relativamene pochi ma fortunatamente ci sono diverse missioni e studi che ci vedono impegnati, spesso anche a livelli di leadership internazionale. Tradotto: c'è molto lavoro e poche persone. Questo implica che le varie persone sono impegnate in più di un progetto per volta quindi spesso è difficile trovarci tutti insieme per fare il punto della situazione e a volte le cose si sanno per sentito dire ma le info fanno fatica a circolare (cioè circolano ma ci mettono un pò più tempo). Questo non è colpa di nessuno e insieme stiamo cercando di trovare un modo migliore per gestire la sovrapposizione di diversi progetti. Per il resto non cambierei proprio nulla: mi piace tutto! Il posto è bello, i colleghi simpatici (ok non tutti, ma chi non ha almeno un collega meno simpatico di altri!?) la possibilità di incontrare colleghi di altri istituti ai congressi è molto stimolante... cosa può voler di più un ricercatore? Ecco magari qualche soldo in più per la ricerca non farebbe male...
Laura alle prese con uno specchio...futuristico!


Dei tuoi compagni di corso, quanti hanno trovato lavoro? Sai se qualcuno è andato all’estero?

Questo non saprei dirlo nel senso che ho perso di vista i colleghi del Politecnico avendo cambiato università. So che qualcuno è andato a fare il dottorato o a lavorare all'estero.

Di cosa ti vorresti occupare in futuro?

Satelliti scientifici: mettono insieme le mie due passioni per tecnologia e scienza.

Quando ti interfacci con team di ricerca esterni, senti qualche differenza nell’organizzazione del lavoro?

In realtà l'unica differenza che sento fino ad ora è il fatto che noi in Italia lavoriamo molto di più perchè avendo meno soldi ci possiamo permettere meno persone ma per non rimaniere indietro rispetto agli altri studiamo lo stesso numero di progetti. Magari non è vero, ma per ora la vedo così.

Come vedi le prospettive di ricerca e lavoro dopo il dottorato? Pensi di andare all’estero?

Non lo so, non ci penso. Ho imparato che se uno deve pensare a tutto e organizzarsi al meglio ora della fine non fa più niente perchè ci sarà sempre qualche cosa da sistemare meglio o cambiare. Quello che faccio ora è vivere questo momento (intendo gli anni del dottorato) al massimo, cercando di imparare il più possibile (sia a livello lavorativo che organizzativo che personale) e sfruttando l'occasione per... divertirmi facendo quello che mi piace (adesso non crediate che sia tutto rosa e fiori, ci sono anche stress e arrabbiature e momenti di sconforto... ma ancora una volta ditemi chi non ne ha mai. L'importante è che messo tutto insieme sui piatti della bilancia... la freccia penda a favore delle cose positive). Per il futuro si vedrà... non ho fretta!

Dopo il lavoro un pò di relax non si nega a nessuno! Qui ero nel bellissimo parco dell'osservatorio... venite a trovarci!