Era più di un anno che mancavo da Medicina, e più si avvicinava il giorno, più fantasticavo sul panorama a cui mi sarei trovata davanti, rincorrendo la visione, cercando tra i ritagli dei miei ricordi. La strada era dritta e vuota, alternata da qualche cavalcavia, che portava ad apprezzare meglio il tranquillo paesaggio rurale circostante.
Mancava poco ormai, quando un ponte, un po' più alto degli altri, mi trascinò lo sguardo verso l'alto, facendomi incrociare le sfumature di celeste fino all'azzurro deciso.
Mancava poco ormai, quando un ponte, un po' più alto degli altri, mi trascinò lo sguardo verso l'alto, facendomi incrociare le sfumature di celeste fino all'azzurro deciso.
Ed ecco, una volta sulla sommità, la Parabola, incorniciata dalla Croce del Nord, illuminate da un tiepido ma sincero sole autunnale. Mi pervase velocemente un sentimento di inquietudine misto a tristezza e ad emozione. La sensazione si trasformò presto in trepidazione che mi portò ad accelerare l'andatura.
La Parabola svettante sulla pianura mi fece immaginare un uomo, rivolto con lo sguardo verso l'ignoto, con le braccia distese in segno di accoglimento della conoscenza.
Era strano pensare che in tutto quel tempo, in quella pacifica distesa di campagna, le antenne erano rimaste là, che ci fossero veramente.
E come scrissi a un mio amico prima di partire, le antenne per me rappresentano i sensi dell'umanità tesi verso l'infinito, l'uomo stesso che con l'orecchio teso, si pone umile di fronte all'universo e dice "ma dove sono, voglio capire, voglio una risposta...".
E' qui che si respira la scienza.
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